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«FIUME OLIVA, ORA PENSIAMO ALLA BONIFICA». Un intervento di Alfonso Lorelli, vice presidente del Comitato De Grazia

di Alfonso  Lorelli

Fiume Oliva - Purtroppo una prima conferma è arrivata. Nel fiume Oliva sono stati interrati rifiuti tossici e pericolosi di ogni tipo: mercurio, zingo, rame, cadmio, berillio, cobalto, cesio ed altro ancora, che soltanto le analisi sui campioni prelevati potranno descrivere in maniera analitica. La loro pericolosità per la salute è comunque dimostrata dalla più ampia letteratura scientifica.

I prelievi di terreno inquinato efffettuati attraverso decine di carotaggi distribuiti in aree diverse della vallata forse potranno rivelare anche l’origine di quei rifiuti, i luoghi di lavorazione e la provenienza. Forse sarà difficile, se non impossibile, contestare alle persone fisiche o alle società produttrici di quei veleni, i reati commessi a danno dei cittadini calabresi ed in particolare agli abitanti di tutta l’area interessata all’inquinamento. Non così invece per i responsabili dell’interramento, per i proprietari delle aree inquinate, per quelli che dovevano controllare e non lo hanno fatto. Per costoro uscire indenni dalla vicenda sarà molto difficile, e tutti dobbiamo sperare che su di loro cada inesorabile il rigore della legge.

Comunque è ormai chiaro che si tratta di scarti di lavorazioni industriali, incompatibili con le poche attività produttive della nostra regione, che organizzazioni mafiose ed imprese criminali hanno sotterrato nel nostro fiume procurando danni incalcolabili alla salute degli abitanti, all’economia ed all’ambiente.

Come a Crotone, a Cassano, a Locri, nella piana di Gioia ed in tante altre aree della Calabria, anche nel fiume Oliva il ricco Nord ha depositato, forse per decenni, i rifiuti velenosi delle proprie industrie. Giustizia commutativa vorrebbe che ora gli industriali del nord e lo Stato almeno fossero costretti a togliere le loro porcherie.

La determinazione, il desiderio di verità e la capacità investigativa del Procuratore Bruno Giordano e dei suoi pochi fidati collaboratori hanno impedito che anche su questa vicenda venisse distesa una coltre omertosa di silenzio e di falsificazione della realtà, come è invece accaduto per il relitto di Cetraro.

Le due vicende (Cetraro e valle Oliva), temporalmente parallele, dimostrano come sia molto più facile il controllo governativo su indagini condotte da apparati giudiziari centrali, nel nostro caso la DNA, che non sulle procure territoriali, nel nostro caso quella di Paola, quando queste ultime sono guidate da uomini seri, rispettosi della legge e della legalità, mossi dalla ricerca della verità nell’interesse dei cittadini e non da un privilegiato rapporto con i vertici dello Stato e di chi manovra gli “arcana imperii”.

I risultati finora raggiunti nelle due vicende dimostrano anche quanto sia strumentale e carica di sventure l’idea di togliere alle procure territoriali la competenza ad indagare sui reati ambientali (art.51 C.P.P.) per assegnarla alla Direzione distrettuale o nazionale antimafia.

Questa volta, per il fiume Oliva, i depistaggi ed i segreti di Stato non si sono sovrapposti ed imposti alla ricerca della verità, almeno fino ad ora. La “merda” industriale è stata trovata, farla scomparire definitivamente dietro un’operazione “congiunta” non è stato possibile.

Il fatto che saranno diversi laboratori  pubblici ad analizzare i campioni prelevati nel fiume e sulle colline contermini, dovrebbe rendere oltremodo difficile, ove si fosse messo in moto qualche depistaggio, manipolare i campioni o falsificare le risultanze e comunicare dati non corrispondenti al vero. Dovrebbe essere molto difficile anche una diversa valutazione dei campioni da parte di ciascuno dei tre laboratori perché le risultanze sono scientifiche e non affidabili all’interpretazione dei singoli analisti. Il procuratore Giordano ed i suoi collaboratori, ai quali i cittadini devono essere grati e riconoscenti, avranno certamente preso tutte le misure cautelari necessarie.

Ora non dobbiamo più sapere se vi sono i rifiuti ma solo quali tipi di rifiuti, quante migliaia di tonnellate sono state sepolte nei diversi siti, quale  e quanto inquinamento hanno prodotto, qual’è il grado di pericolosità e come possiamo neutralizzarlo o ridurlo al minimo.

Ora gli “struzzi” tolgano la loro testa dalla sabbia; i negazionisti a priori e per motivi diversi tacciano finalmente; facciano il mea culpa i denigratori del Comitato De Grazia e delle centinaia di associazioni ambientaliste che hanno organizzato la giornata di lotta del 24 ottobre ad Amantea; i sindaci, i funzionari che hanno coperto le operazioni criminali, le altre istituzioni deputate a controllare e difendere il territorio, prendano atto quantomeno di una loro “culpa in vigilando” e cambino le loro scelte sul controllo del territorio. D’ora in avanti, senza più contrapposizioni, siamo tutti chiamati, dal nostro imperativo morale e dall’amore per la vita nostra e dei nostri figli e nipoti, alla costruzione di un nuovo fronte di lotta finalizzato ad ottenere la bonifica di tutti i siti inquinati. Passato il momento degli scetticismi e dei “distinguo” ricostruiamo il massimo di unità perché la soluzione non è facile ed il tempo dei giochi a nascondino è ormai passato.

La storia ci insegna che la bonifica di vaste aree inquinate si ottiene soltanto se le popolazioni dimostrano compattezza e determinazione, perchè i fondi necessari sono tanti e gli stanziamenti sempre insufficienti; specialmente oggi, per la presenza congiunta di una crisi economica che colpisce molto di più il Mezzogiorno, di un governo sostanzialmente guidato dai ceti forti del Nord, di una “manovra” Tremonti-Berlusconi-Bossi che sottrae milioni di euro alle  Regioni ed enti locali del Sud.  Così le lobby criminali del nord, per interposto governo, dopo avere riempito la nostra terra di tutte le loro porcherie alleandosi ai tanti criminali nostrani, potrebbero negarci anche il diritto sacrosanto ad avere tutti i fondi necessari alla bonifica integrale di tutti i siti inquinati.

Dunque, uniti, attrezziamoci  per i prossimi ostacoli, per nuovi fronti di lotta. Fino a quando potremo dire “avevamo un problema, l’abbiamo risolto; e non permetteremo più che si ripeta.”

Chi ama veramente la propria terra non ne nasconde i problemi, cerca di risolverli.

10/07/2010
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