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L'autolesionismo della sinistra

Quando l’autolesionismo nuoce alla sinistra ed alla  buona politica

di Tonino Simone*

La politica, gli accadimenti e le conseguenti diverse interpretazioni, ogni giorno, verosimilmente,   lasciano spazio a sorprese  e a stupore.
Ogni cosa che succede nella vita politica  viene  sistematicamente percepita ed interpretata in modo diverso e spesso contraddittorio a secondo degli interessi politici, sociali e culturali. Tutto ciò quasi a circostanziare il fatto che non esiste una verità assoluta, una lettura univoca delle cose. Qui non si vuole mettere in discussione la filosofia del pensiero che certifica la opinabilità delle cose materiali ed immateriali, ma porre la questione che, specie nel campo della politica, le  circostanze vanno necessariamente lette in funzione degli interessi collettivi, del rispetto dei fondamenti della democrazia,  della certezza del diritto e della verità.
È stupefacente  constatare ad esempio ed a qualunque livello, la verosimile conflittualità esasperata anche tra forze politiche e di pensiero  che si richiamano  ad uno stesso filone ideologico.
Ciò è tanto più evidente nel contesto delle forze che si richiamano alla sinistra tradizionale, fino al punto che oggi più di ieri, ovunque, esiste una sinistra eccessivamente  frammentata, frantumata in cocci di vetro, i quali ognuno per proprio conto, riflettono una immagine diversa della società e dei suoi bisogni, una immagine diversa delle paure, delle ansie e degli umori di un paese  smarrito e disorientato.
Vero è che, partendo da una posizione di osservazione che si richiama alla sinistra stessa, ci si domanda spesso: se oggi ha senso la struggente conflittualità  esistente tra le forze di sinistra; se tale conflittualità giova al dibattito politico in corso; se essa è utile al paese ed alla collettività  per sanare lo sfascio politico istituzionale e morale in cui versa lo Stato e la società stessa.
La distinzione tra Sinistra moderata, Sinistra riformista, Sinistra radicale appare strumentale e speciosa, più che necessaria e seria, specie in un contesto  politico dove il tasso di ideologismo e di discriminante ideologica  appartiene al passato.  Discriminante non più  in possesso di quella carica di orientamento di un tempo sulle masse.
Le emergenze politiche, sociali e morali che la collettività calabrese oggi attraversa, emergenze che sono strutturali e di sistema, quindi gravi e difficili da risolvere,  necessitano, al contrario,  di una comunione di idee e di intenti, di convergenze  e solidarietà culturale  tale da rendere improprio, illogico  e poco opportuno  la eccessiva distinzione di caratteri  all’interno della stessa sinistra.
Il guaio è che i segni “aggrovigliati” della politica hanno cambiato i connotati agli strumenti della democrazia partecipata.  La politica stessa  ha finito per infangarsi nel pantano della malapolitica, dell’opportunismo, del personalismo, del soggettivismo e del potere fine e se stesso.   Sicché  la rincorsa al “distinguersi” a qualunque costo,  ha infettato anche la sinistra in genere ed i singoli partiti che vi afferiscono. Tutto ciò producendo grave nocumento  alla semplificazione del quadro politico; difficoltà  e lentezza nelle decisioni di governo e del parlamento; disorientamento, distacco e rifiuto sempre più marcato dei cittadini verso la politica stessa ed i suoi processi.
Non credo che sia esistito un momento della vita politica italiana (almeno da quaranta anni a questa parte),  come quello attuale, dove mai cosi forte  si appalesa in tutte le sue forme e manifestazioni: il disprezzo per la classe politica, il disprezzo per la casta dei  privilegiati, il rifiuto circa l’arroganza del potere e dei potenti di turno. Tutto ciò a dispetto di una funzione di servizio e di rispetto  verso le istituzioni, la collettività ed il sentire comune dei cittadini. Non a caso, il dato più preoccupante  sta nel fatto che, in questo marasma di immoralità e di inadeguatezza della funzione dei partiti: nessuno si salva, compresi quelli di sinistra, per cui è opinione comune  che la società civile non ha davanti a se, oggi, alcuna  degna alternativa  circa  la scelta di rappresentatività politica.
Vero è che, destra e sinistra sono, purtroppo, accomunati da un unanime giudizio collettivo negativo  circa la capacità  di governo del paese nel rispetto delle regole democratiche.
Cosa necessita per  recuperare  la dignità di rappresentanza, tanto vilipesa e mortificata  da una classe politica autoreferenziale e da un coacervo di partiti scarsamente compatibili con l’insofferenza di una intera collettività?
Verosimilmente tante cose, ma due più di tutte: un rinnovamento culturale radicale  relativamente ai processi ed i percorsi della politica; autonomia e dignità culturale da parte della collettività circa la scelta della classe dirigente.
La collettività deve capire  che comunque le scelte stesse passano attraverso la propria volontà. Si tratta solo di trovare la forza ed il coraggio di svincolare il proprio voto o l’appartenenza politica dalla consolidata prassi clientelare e dai bisogni personali e subordinare, invece, la sua espressione: a circostanze che riguardano il bene comune, l’interesse generale.   
Relativamente a questo problema, che è un problema di dignità culturale, di libertà di espressione ed emancipazione; anche la sinistra è stata cattiva maestra ed oggi ne paga  prezzi politici salatissimi. Non a caso, vi è il rischio  del permanere della sua stessa esistenza nel panorama politico locale e nazionale.  Il tasso di conflittualità tutto interno,  a cui quotidianamente si assiste,  ne mina  irrimediabilmente le sue funzioni e le sue potenzialità circa l’esercizio del ruolo moralizzatore della vita politica. Con l’aggravante che, la stessa sinistra, sta sempre più  precludendosi la possibilità di canalizzare verso di se, il dissenso collettivo verso la malapolitica.
Nella realtà locale  due ultimi accadimenti  di struggente attualità  segnano tale assunto: 1) La richiesta di Sinistra Democratica di scioglimento del Consiglio Regionale; 2) La richiesta di trasferimento del Pm De Magistris  da parte del Guardasigilli di Ceppaloni.
Due questioni  non secondarie che rappresentano il “marchio di qualità della malapolitica” in Calabria, in relazione al quale si misura parte della credibilità delle forze di sinistra stesse.
Si apprende, ad esempio, che la proposta di scioglimento anticipato del consiglio regionale non è stata condivisa dai vertici regionale di Rifondazione Comunista, né dal PDCI  e cosi via; cosi come  il caso De Magistris ha lasciato indifferente  tutta la sinistra di governo al consiglio regionale.
L’accusa strumentale, che si rivolge a Sinistra Democratica di seguire gli umori di un “giustizialismo di piazza” non convince, poiché al contrario, ciò rappresenterebbe l’ennesima dimostrazione della refrattarietà dei partiti e movimenti  a sintonizzarsi in direzione degli umori della collettività e dei cittadini tutti. Circostanza, quest’ultima, che caratterizza la macchia nera della democrazia acefala e bloccata dei giorni nostri.
La sinistra intera, deve capire  che l’autolesionismo non giova a nessuno e non paga  e che le sorti di un riscatto sociale e morale passa attraverso unità di intenti, solidarietà politica  e comunione di interessi.
Incomincino le forze che si richiamano  ai principi del socialismo riformista e progressista  a dare esempio  di onestà di intenti, a lavorare  per l’unita dei valori fondativi e storici della stessa sinistra, a segnare una stagione di solidarietà politica.
Questo è il primo passo per un serio riscatto morale della società civile e politica.
Questo è il primo passo  per l’unità  della sinistra tutta in direzione di un rinnovamento morale della vita politica secondo gli insegnamenti di Enrico Berlinguer.
Sinistra  Democratica  ha intrapreso questo percorso, speriamo che altri lo seguano.

*componente comitato provinciale
Sinistra Democratica di Cosenza

06/10/2007
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