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Indagato La Rupa. Sequestrato il porto di Amantea

Intreccio criminalità-politica: 39 in manette

Operazione di Guardia di Finanza e Polizia nel Cosentino. Indagato La Rupa. Sequestrato il porto di Amantea



COSENZA. Trentanove persone fermate ed altre venti indagate tra cui un consigliere regionale della Calabria, Franco La Rupa, dell’Udeur; il porto di Amantea sequestrato e tanti rivoli d’indagine ancora da seguire e sviluppare. È un’inchiesta dalle mille sfaccettature quella condotta dalla Dda di Catanzaro sulla cosca Gentile di Amantea. Il gruppo criminale, capeggiato da Tommmaso Gentile, aveva la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni, condizionandone l’attività. Obiettivo della cosca, in primo luogo, il Comune di Amantea, che sarebbe stato sottoposto ad un rigido controllo soprattutto quando era sindaco La Rupa. Ma il fatto che tra gli arrestati ci sia un assessore della attuale Giunta comunale di Amantea, Tommmaso Signorelli, che sarebbe stato legato a Gentile, fa capire quanto l’inchiesta condotta dalla Dda presenti ancora una serie di intrecci tutti da dipanare. L’indagine ha importanti diramazioni in settori pubblici e tra questi assume una rilevanza significativa la gestione del porto di Amantea, struttura al centro dell’attività criminale di Tommaso Gentile. L’ex amministrazione comunale di Amantea, quando era sindaco La Rupa, aveva dato in appalto lo scalo, di fatto, alla cosca Gentile, che, attraverso una società controllata, gestiva anche un servizio di crociere con le isole Eolie per il quale veniva utilizzata una motonave che è stata sequestrata. Per l’attività di navigazione veniva utilizzato anche il porto di Gioia Tauro. Il porto di Amantea sarebbe servito anche per nascondere esplosivo ed armi. Per cercarli la Guardia di finanza ha effettuato oggi una lunga perquisizione anche con l’intervento di sommozzatori per verificare se il nascondiglio in cui si celerebbero il tritolo e quattro pistole si trovi nei fondali. Un altro capitolo significativo dell’inchiesta è quello dello smaltimento dei rifiuti. Tra i fermati, infatti, c’è anche l’amministratore delegato della società Appennino Paolano, Carlo Samà, società mista con la partecipazione dei Comuni dell’Alto tirreno cosentino. E proprio all’affare dei rifiuti, che si sta rivelando sempre più redditizio per la ‘ndrangheta, sarebbe stato interessato Franco Muto, uno dei 39 fermati, boss storico della ‘ndrangheta, detto il “re del pesce”, che avrebbe stretto a tale scopo un’alleanza con la cosca Gentile. Tra i fermati c’è anche un ufficiale della Marina militare, Gianluca Coscarella, accusato di avere dato un continuo contributo operativo alla cosca Gentile, ed Eugenio Gabriele, impiegato civile dell’ufficio della delegazione marittima di Amantea. Alla cosca sarebbero stati collegati anche due sottufficiali dei carabinieri e della Guardia di finanza, indagati perché avrebbero informato Gentile dell’inchiesta avviata nei suoi confronti. Un avvertimento che aveva indotto il boss, che temeva di finire in manette, a preparare la fuga in Sud America. Nell’inchiesta della Dda, in sostanza, c’é ancora tanto da capire ed approfondire. Al punto da indurre il procuratore aggiunto della Dda, Mario Spagnuolo, a dire che quanto è emerso fino adesso “è soltanto la punta di un iceberg”.

Gli inquirenti: “Un quadro inquietante”

COSENZA. “Il valore dell’operazione di oggi è rappresentato dall’intreccio tra mafia e istituzioni disegnato in maniera plastica: la mafia di Amantea operava con il massimo sostegno delle istituzioni comunali e regionali, senza risparmiare neanche la marina militare. In questi casi non é difficile sapere dove abita la mafia”. Così il procuratore nazionale aggiunto della Dna, Emilio Le Donne ha commentato, giovedì, l’operazione “Nepetia”. Alla conferenza stampa hanno partecipato il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Mario Spagnuolo; il comandante regionale della Guardia di Finanza, il generale Riccardo Piccinni; il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Mariano Lombardi, e il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Fiordalisi. “Dalla Calabria - ha aggiunto Le Donne - il no alla mafia si estende per tutta la penisola. Non si può continuare a fare i sudditi della criminalità”. Mariano Lombardi, che il 27 gennaio lascerà la guida della Procura di Catanzaro, ha espresso soddisfazione. “Così - ha detto - concludo la mia attività lavorativa con enorme soddisfazione perché per anni in Corte d’Assise Franco Muto veniva assolto per insufficienze di prove. Rivendico a mio pregio che nel 1993 ricostruii tutte le attività illecite del “re del pesce”, che era anche “re della carne” e “re dell’abbigliamento” e che nel corso del tempo è riuscito a fare un salto di qualità, alleandosi con Tommaso Gentile ed entrando anche in affari sui rifiuti”. Per Spagnuolo “è stato deciso di emettere un decreto di in considerazione del pericolo di fuga degli indagati. In questa operazione c’era non il pericolo, ma la certezza del pericolo di fuga perché le cosche erano a conoscenza delle nostre indagini. L’inchiesta - ha detto Spagnuolo - si è sviluppata secondo due direttrici: la prima ha riguardato un’attività tecnica di polizia giudiziaria, molto complessa, che ha cercato di individuare una geografia criminale, quindi non solo Paola e Amantea, ma tutta la Calabria; e poi la seconda direttrice ha interessato l’attività dei collaboratori di giustizia. Il fenomeno inizia verso la fine degli anni 90 fino ad arrivare alle attività di Tommaso Gentile che è diventato il punto di equilibrio di vicende giudiziarie che partono da lontano. La ‘ndrangheta sta cambiando pelle. Amantea si stava trasformando in un “locale”, in gergo ‘ndranghetistico, del traffico di droga. Abbiamo registrato atteggiamenti di cittadini privati che si recavano dal capo mafia per risolvere i problemi”. Il procuratore Spagnuolo ha detto anche che dall’indagine “sono emersi collegamenti tra i clan dei Gentile e quello dei Forestano di Cassano allo Jonio”. Alle due cosche sarebbe collegato, secondo quanto è emerso da due diverse indagini della Dda, il consigliere regionale Franco La Rupa. “I cittadini - ha detto il pm Domenico Fiordalisi - ci chiedevano di liberarli da questa situazione insostenibile. Quindi non solo sinergie tra le forze dell’ordine, ma anche la collaborazione dei cittadini come il sindaco di Cetraro che al momento opportuno ha esposto una denuncia che ha permesso di capire gli altri aspetti dell’attività delinquenziale. Nel corso delle indagini è emersa anche l’instaurazione di un monopolio nella tratta tra Gioia Tauro e le Isole Eolie imposto dalla cosca mafiosa in questo settore con la finalità di influire nel rapporto tra le imprese che si contendevano queste attività “. Per il generale Piccinni “si tratta di un’operazione emblematica sia per la sinergia tra le forze dell’ordine, sia per aver eseguito contemporaneamente i fermi giudiziari e le perquisizioni, e sia perché è la prima volta che è stato sequestrato un intero porto la cui gestione faceva capo alla criminalità”.
fonte: giornaledicalabria.it
21/12/2007
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