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Chernobyl SUL TIRRENO

Ci hanno segnalato e vi riproponiamo un pezzo uscito sull'Ultima del Manifesto di giorno 26 settembre 2009.

di Silvio Messinetti - AIELLO CALABRO (CS)
reportage

Ad Aiello Calabro ci si ammala e si muore di tumore. Non ci sono aziende inquinanti ma la concentrazione di Cesio 137 è elevata. La popolazione sa perché: è l'eredità della nave dei veleni Jolly Rosso. Che è stata affondata qui.
È l'antica Telesio. Nel corso dei secoli è stata feudo degli Angioini prima e dei Cybo Malaspina poi. Sorge alle pendici di un colle e la vedi percorrendo la provinciale 153 a pochi chilometri dalla costa. Le rocce si inerpicano quasi per incanto ed Aiello Calabro è lì, delimitata dal fiume Oliva che dopo un'estate torrida è più un rigagnolo ormai che un corso fluviale vero e proprio. Questa zona la chiamano «Valle del Signore». Una beffa per una terra ammalata maledettamente di radioattività. Le analisi effettuate a più riprese dagli esperti hanno confermato in questi mesi che la superficie intorno diffonde un tasso radioattivo fuori dal normale. C'è il Cesio 137, un isotopo che uccide. Lo ha stabilito una spettrometria portata a termine dall'Arpacal, l'Agenzia regionale della protezione dell'ambiente della Calabria. Il Cesio è prodotto dalla detonazione di armi o centrali nucleari. L'ecatombe di Chernobyl, ventitre anni fa, fu prodotta proprio dal Cesio dispiegatosi dalla centrale sovietica. Ma Chernobyl è a migliaia di chilometri da qui e la Calabria non conosce il nucleare. Come questo isotopo sia finito nella Vallata dell'Oliva è tutto da stabilire. Ma c'è.
Così come c'è il dato incontrovertibile delle morti per tumore. Decine di aiellesi deceduti, molti di più se si aggiungono i ricoveri e le cure mediche, in una zona, beninteso, priva di fabbriche inquinanti. Gli abitanti di questa bomboniera di duemila anime adesso hanno paura. Difficilmente mangiano pesce o qualsiasi frutto o verdura coltivata in questa valle maledetta. E tutti gli abitanti di Aiello non hanno dubbi sulle cause. La contaminazione di questa area è dovuta allo spiaggiamento e affossamento nel 1990 della Jolly Rosso, una delle tante «navi a perdere», crocevia di misteri e di traffici. Come la Cunsky, la nave ritrovata pochi giorni orsono al largo di Cetraro, non lontano da qui, sulla costa tirrenica cosentina. E dello stesso avviso è la Procura di Paola convinta, dalle indagini portate avanti da anni, che nella vallata intorno ad Aiello, Serre di Aiello e San Pietro di Amantea sarebbero stati seppelliti i fusti radioattivi della Jolly Rosso, quasi venti anni orsono.
Da quando la magistratura paolana ha ripreso in mano un'indagine precedentemente archiviata dalla procura cosentina - dal giudice Fiordalisi, per inciso, lo stesso che nel 2002 istruì il processo contro il Sud Ribelle per il G8 di Genova - la gente di Aiello ha ripreso fiducia. E comincia a parlare e a collaborare. Raccontano episodi terribili, di operai che hanno lavorato allo smantellamento della nave a Campora San Giovanni, di rifiuti interrati nella zona di Cleto, a dieci chilometri da Aiello, e dei barili della Jolly Rosso nascosti sul greto dell'Oliva. Nel 1990 la provinciale 153 non c'era. Da Aiello si poteva scendere al mare da una vecchia e tortuosa strada sterrata che lambisce il fiume. In pochi la percorrevano e il posto era pressocchè deserto. Abbandonare fusti radioattivi, raccontano i cittadini di Aiello, raccolti nella piazza principale del paese, Piazza del Plebiscito, non era difficile. E, soprattutto, rendeva parecchio. Il costo di mercato per smaltire legalmente i rifiuti tossici va dai 21 ai 62 centesimi al chilo. I clan, come accertato da recenti inchieste, forniscono lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi. Un risparmio notevole. 'Ndrangheta e camorra avvelenano così i loro posti insabbiando i bidoni. Le particelle radioattive fanno il resto: alterano l'aria, inquinano le falde acquifere. Ed ammalarsi diventa tremendamente facile.
Dalle pendici del colle su cui sorge l'abitato di Aiello, la vista spazia fino al mare abbracciando un ampio panorama mozzafiato. Su questo lembo del Tirreno avvennero gli attacchi via mare dei Saraceni, che devastarono Aiello sul finire del primo millennio, e le incursioni dei Normanni un secolo dopo. Questa vallata subì in seguito due terremoti catastrofici, nel 1638 e nel 1905, che hanno cancellato molte testimonianze della sua lunga storia. Ora il cataclisma si chiama Cesio 137, l'isotopo radioattivo con cui le 'ndrine cosentine ammorbano i loro posti. «E' una mafia evoluta e sofisticata quella cosentina- dice Delio Di Blasi della Cgil del capoluogo bruzio - e secondo i dati di Sos Impresa il 50% dei commercianti è vittima del pizzo mentre la Commissione Antimafia descrive una mafia cosentina ricca, solida che truffa, ricicla e investe. Alla fine del 2007- continua Di Blasi- un autorevole esponente della Direzione nazionale antimafia denunciava la concentrazione della ricchezza calabrese in capo a quattro società tutte domiciliate presso un unico indirizzo di Cosenza, titolari di 50mila conti correnti, 2700 appartamenti e 2000 terreni, con depositi per 10 miliardi di euro e 171 milioni di euro in titoli».
Insomma una mafia e una borghesia mafiosa rampante, quella cosentina. Nelle cui fila spicca la 'ndrina dei Muto che controlla il territorio del Tirreno cosentino, quello di Cetraro e di Amantea. Quello delle «navi a perdere» come l'omonimo noir di Carlo Lucarelli, che squarcia il velo sul mistero Jolly Rosso, e che la Cgil di Cosenza proporrà al Provveditorato agli Studi di diffondere nelle scuole del comprensorio. Intanto i casi di leucemia qui ad Aiello aumentano e la paura si diffonde nella popolazione che chiede alle istituzioni di intervenire. Prima che sia troppo tardi.
Di questo avviso è Francesco Cirillo, mediattivista e esponente storico del movimento cosentino che lancia un accorato appello: «Bisogna muoversi nella bonifica della vallata. Se si conoscono tutti i luoghi dove è stato sepolto il materiale tossico perché non si inizia una bonifica seria e totale per far sì che le voci timorose di una pandemia collettiva si plachino? Servono soldi. Soldi per avviare ricerche serie, terminare quelle iniziate e lasciate a metà, iniziare a scavare dove si è certi che siano stati interrati rifiuti provenienti dalla nave. Per esempio quelli sepolti in località Grassullo e Foresta dove, certificato da testimonianze, i camion di rifiuti provenienti dalla Rosso erano scortati da Polizia e Vigili urbani. Questi erano scarichi ufficiali controllati ai quali si sono accompagnati viaggi notturni incontrollati di camion stracarichi di altri rifiuti sempre provenienti dalla nave. Ecco, iniziamo da qui una grande bonifica, in attesa di individuare i luoghi dove sono stati sotterrati i rifiuti tossici o radioattivi».
Ammalarsi è davvero molto facile qui ad Aiello Calabro ma la vita scorre, tra rassegnazione e paura, nei tavoli dei bar e nelle partite a carte. Intorno si vedono gli avanzi di mura del quattrocentesco Castello di Siscara, ruderi di una magnificenza antica. Testimonianza di una lunga storia e di un drammatico presente. Intanto le auto sfrecciano sulla provinciale 153, inconsapevoli e refrattarie alla tragedia ambientale che si consuma attorno. Mentre le particelle di Cesio volano sul fiume invisibili e mortali.

Segnalatoci da S.C. - Fonte: Il Manifesto
01/10/2009
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1 commenti.

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leggendo questo articolo tratto dal "Manifesto" si resta esterrefatti.Solo qualcuno,ancora,mette in dubbio queste certezze.E' veramente inaudito non vedere quello che è lampante.Non serve nessun commento .I fatti si commentano da soli(purtroppo).

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