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SETI, quanti timori

SETI, dubbi da scienziato "Il virus da un altro mondo"

Il SETI è una cosa seria, potrebbe diventare un guaio serio? Chissà. Di certo c'è che Dick Carrigan, uno scienziato del Fermi National Accelerator Laboratory, di Batavia, Illinois ha presentato già nel 2003, e pochi giorni fa attraverso le colonne del Guardian che gli ha dedicato un servizio, un insieme molto argomentato di slide.

L'idea di Carrigan è che proprio l'evoluzione di quel progetto sia diventata una potenziale minaccia per l'umanità. Potrebbe succedere - è l'ipotesi, tanto seria quanto, per noi profani, ai confini con Star Trek - che attraverso i messaggi radio che vengono ricevuti dall'universo, per cercare l'intelligenza extraterrestre, qualche omino verde decida di lanciarci qualche virus maligno. Per cui bisogna "decontaminare" quei segnali. A parti rovesciate sarebbe quello che accade in Independence Day, dove l'eroico salvatore dell'umanità costruisce un virus che inganna i sistemi di difesa dell'astronave aliena ed ostile, permettendone l'eliminazione.

Facciamo molti passi indietro. Il SETI è un argomento serio ed affascinante. Ridotto all'osso, il concetto è che milioni di persone si iscrivono ad un programma di lavoro comune per permettere che il loro computer domestico o d'ufficio cooperi con una rete di milioni di altri pc collegati. L'attività consiste nel processare l'enorme massa di dati che risulta dalle indagini radio effettuate dai telescopi che collaborano al programma. Come se milioni di formiche si mettessero in testa di scavare un buco fino al centro della terra, e si assegnassero una briciola di terra, grande quanto la forza di ogni individuo permette.. Per questo il SETI è importante, non tanto per la ricerca dell'intelligenza nello spazio in sé, quanto per il modello organizzativo. Ci trasforma in tante formiche operose.

Dal 1995 in poi il progetto - qui il suo sito - ha permesso di realizzare un grande esperimento di lavoro distribuito tra milioni di macchine in ogni parte del mondo. E tutto grazie ad un salvaschermo. E' questo il "miracolo", nel modello organizzativo, più che quello della ricerca, ancora vana, dell'intelligenza nello spazio. Ha anche prodotto qualche fenomeno un po' folcloristico, come il caso di quell'azienda internet che, dimessosi un tecnico, trovò che i suoi server, cruciali per il business, facevano girare il SETI.

Tutti possono aderire al SETI in questa accezione o versione. Basta lasciare acceso il proprio computer permettendo così alla macchina, collegata in rete, di utilizzare "i tempi morti" (i cicli "idle"), per eseguire la porzione di calcoli assegnata. Sul SETI si è scritto, inventato, ed elaborato molto. Buona matematica, buone idee: anche Google ha qualche parentela con quella "cosa", per non parlare dell'Open Source. SETI e la sua filosofia sono parenti stretti di internet, dove teoricamente e anche materialmente tutti condividiamo, respirandola, la stessa aria tecnologica (per una rassegna del tema si consiglia la lettura della voce SETI di Wikipedia, edizione italiana qui).

Ma questo detto resta l'accusa di Carrigan. Che parte proprio dai successi conseguiti nella conoscenza dello spazio e stima come "non uguale a zero" la probabilità di incontrare una forma di intelligenza ostile. Paranoia in tempi in cui serve comunque un nemico? O teoria scientifica destinata a inverarsi drammaticamente? Difficile dirlo. Di certo non c'è bisogno di un'altra paura collettiva.

di V. ZAMBARDINO
01/12/2005
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Paranoia in tempi in cui serve comunque un nemico? O teoria scientifica destinata a inverarsi drammaticamente? Difficile dirlo. Di certo non c'è bisogno di un'altra paura collettiva.

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